La Sede

Il 29 maggio scorso la nostra parrocchia ha ospitato un incontro degli organismi economici diocesani, con la presenza del vescovo Claudio. In quell’occasione ha visitato per la prima volta la nostra chiesa, guidando la preghiera del vespro. Ne è rimasto colpito, apprezzandone l’equilibrata modernità e la grandezza. Ha però rilevato una “incongruenza”, data dalla sovrapposizione tra la sede del presidente e il tabernacolo. Anche don Egidio, qualche anno fa, ritornato nella nostra comunità, entrando in chiesa aveva notato subito questa incongruenza, dato che il tabernacolo era stato spostato dalla sua sede originaria (cioè a sinistra del presbiterio vicino all’ingresso della sacrestia) al centro della parete di fondo. Il vescovo in quell’occasione mi ha invitato a pensare ad una posizione laterale per la sede, dicendo di “lasciare Cristo al centro”. E’ un progetto che gli sta molto a cuore e che ha subito realizzato in Cattedrale. La sede laterale è utilizzata in moltissime chiese e anche le norme della Conferenza Episcopale danno l’indicazione che la cattedra e l’altare non siano collocate sullo stesso asse. Troviamo nell’“Ordinamento Generale del Messale Romano” al n° 310: “La sede del sacerdote celebrante deve mostrare il compito che egli ha di presiedere l’assemblea e di guidare la preghiera. Perciò la collocazione più adatta è quella rivolta al popolo, al fondo del presbiterio, a meno che non vi oppongano la struttura dell’edificio e altri elementi, ad esempio la troppa distanza che rendesse difficile la comunicazione tra il sacerdote e i fedeli riuniti, o se il tabernacolo occupa un posto centrale dietro l’altare. Si eviti ogni forma di trono”. E il n° 19 del documento della CEI “L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica”: “La sede è il luogo liturgico che esprime il ministero di colui che guida l’assemblea e presiede la celebrazione nella persona di Cristo, capo e pastore, e nella persona della Chiesa, suo corpo. Per la sua collocazione, essa deve essere ben visibile da tutti e in diretta comunicazione con l’assemblea, in modo da favorire la guida della preghiera, il dialogo e l’animazione. La sede del presidente è unica e non abbia forma di trono; possibilmente, non sia collocata né a ridosso dell’altare preesistente, nè davanti a quello in uso, ma in uno spazio proprio e adatto”.

 

Dopo la richiesta del vescovo Claudio, ho subito informato il consiglio pastorale e abbiamo iniziato un breve percorso di discernimento con don Gianandrea Di Donna, docente di liturgia (che ha effettuato un sopralluogo nella nostra chiesa l’11 luglio), l’architetto Nicola Visentini, don Emilio, i responsabili dei nostri cori (perché coinvolti nell’uso del presbiterio). E’ emerso che l’unica soluzione è quella di collocare la sede a destra dell’altare, più o meno dove attualmente c’è il crocifisso, spostando anche il coro più vicino all’assemblea, verso l’organo, in modo che resti libera l’area del presbiterio, con la possibilità di collocare la consolle dell’organo a terra.

Don Bruno Cogo, direttore dell’Ufficio Beni culturali diocesano, in data 28 agosto ci ha autorizzato a procedere, con queste osservazioni: “Prendendo atto dell’attuale collocazione della Custodia Eucaristica che assume un rilievo visivo centrale, giustamente la sede del celebrante non può stare davanti ad essa. In riferimento alla posizione del coro, l’indicazione generale è che sia collocato nell’aula, tra il presbiterio e l’assemblea. Per rispettare il ruolo del celebrante e dell’azione liturgica è bene che non interferisca con il cono visivo della liturgia in atto, altrimenti diventa il punto principale di attenzione e distoglie l’assemblea dalla celebrazione eucaristica”.
Don Bruno ci ha anche invitato, per una futura sistemazione definitiva del presbiterio, a considerare che “è da escludere il trasferimento del fonte all’interno dell’area del presbiterio, perchè il battistero è un luogo dotato di fisionomia e funzione propria, del tutto distinte da quelle del presbiterio. Tale indicazione, anche se molte parrocchie non l’hanno osservata e tuttora non la osservano, è normativa e fa parte anche dello schema per la liturgia del Battesimo”.

 

“Tutta questa storia per spostare una sedia?” E’ comprensibile questa reazione alla lettura delle prime due puntate e siamo qui proprio per aiutarci a capire… Offro tre sottolineature per chiudere la nostra riflessione.
1. La presidenza liturgica non è riducibile ad un ruolo funzionale di animazione sociale dell’assemblea. Ha invece un carattere sacerdotale che deve essere compreso: è in persona di Cristo pastore e capo che il presbitero presiede la santa assemblea ed è dal sacramento dell’Ordine che tale presidenza attinge la sua grazia specifica. Quindi è necessario che la dimensione sacerdotale possa trasparire con chiarezza dalla postura, dall’abito, dai gesti e dal luogo. Trascurare questi aspetti significa compromettere la dimensione soprannaturale del ministero della presidenza liturgica e ridurre ad un’azione semplicemente umana il gesto sacro che Cristo stesso attua nella persona dei suoi ministri.
2. Il presbitero presiede con la semplice sua presenza. Egli non sta alla sede solo per agire, ma prima ancora per significare la presenza sacramentale del Signore che guida il suo popolo. Gli atti della presidenza sono certo importanti, ma essa si esercita anche nel silenzio quando tutti vedono il presbitero alla sede.
3. Ecco perché la sede non è una sedia qualsiasi… Niente nell’edificio della chiesa funziona così, ma soprattutto certi luoghi sono segno della presenza del Signore stesso: l’altare, l’ambone, la sede. Essi parlano anche quando nessuno li usa, sono segno di Cristo capo e pastore anche al di fuori della celebrazione. Nel documento “La progettazione delle nuove chiese” i vescovi italiani scrivono a proposito dell’ambone: “Un leggio qualunque non basta: ciò che si richiede è una nobile ed elevata tribuna possibilmente fissa, che costituisca una presenza eloquente, capace di far riecheggiare la Parola anche quando non c’è nessuno che la sta proclamando”. Per questo i luoghi/simbolo devono essere nobili, ben curati, liberi da oggetti, non invasi dai fiori, ben illuminati, così da rendere visibile nel modo migliore il Mistero invisibile. Ecco perché ci sono norme precise che la Chiesa ci offre, e non la soggettività dei gusti o i “pallini” dei parroci. E’ saggezza studiare e accogliere questi orientamenti, in comunione con le indicazioni diocesane, come stiamo cercando di fare. Nel prossimo mese inizieremo i primi passaggi. Grazie per l’attenzione e la sensibilità che sento da tanti su questi temi.

don Silvano