25° di Dedicazione della nostra chiesa

Appena si entra nella nostra chiesa, se si guarda la parete a destra dell’ingresso, si nota una scritta dorata:

D. O. M.
Questa chiesa è stata dedicata in onore di San Bonaventura
1-11-1993

Torneremo in seguito sul senso della scritta. Per ora notiamo come l’1 novembre di quest’anno saranno 25 anni da quella data. E’ un grande avvenimento di fede e di memoria grata per la nostra comunità… Proviamo a prepararci con alcune briciole di storia, di liturgia, di teologia e di comunione, da oggi ad allora…

Se prima di entrare in chiesa vi soffermate sulla base del muro di sinistra guardando la facciata, noterete una lapide che ricorda come il 3 ottobre 1970 il vescovo Girolamo Bortignon benedisse la prima pietra della nuova chiesa, che accoglierà la comunità per la prima volta il 26 marzo 1972, domenica delle Palme, e verrà benedetta, sempre dal vescovo Girolamo, nella domenica 2 luglio dello stesso anno.
Disse papa Benedetto in un’omelia del 2009: “La prima pietra di una chiesa è simbolo di Cristo. La Chiesa poggia su Cristo, è sostenuta da lui e non può essere da lui separata. Egli è l’unico fondamento di ogni comunità cristiana, la pietra viva, rigettata dai costruttori ma scelta e preziosa agli occhi di Dio come pietra angolare (cfr 1 Pt 2,4-5.7). Con lui anche noi siamo pietre vive costruite come edificio spirituale, luogo di dimora per Dio (cfr Ef 2,20-22; 1 Pt 2,5). Questa è la realtà della Chiesa; essa è Cristo e noi, Cristo con noi. Egli è con noi come la vite è con i suoi tralci (cfr Gv 15,1-8). La Chiesa è in Cristo una comunità di vita nuova, una dinamica realtà di grazia che promana da lui”.

Ma cosa significa la parola “chiesa”? Il termine deriva dal greco ekklesía, che significa “assemblea” o “coloro che sono convocati”. Il significato fondamentale di “chiesa” non è quindi quello di un edificio, ma di persone. Il contenuto (le persone) ha in seguito dato il nome anche al contenitore (l’edificio). Per capirci, potremmo scrivere in minuscolo l’edificio e in maiuscolo le persone convocate. 

Ma perché si parla prima di “benedizione” e poi di “dedicazione”? Quando la costruzione di una chiesa è terminata, viene benedetta, invocando la benevolenza e la presenza del Signore su di essa. In seguito quel luogo può anche essere dedicato ad altro scopo, come succede quando, in una nuova parrocchia si celebra inizialmente in un capannone o in una sala o in un prefabbricato. Quando invece la chiesa viene “dedicata” significa che la si vuole destinare in modo definitivo al culto. Il rito della dedicazione può però essere celebrato solo quando la chiesa possiede un altare fisso (per questo il rito quasi sempre viene ritardato rispetto alla benedizione).
Non si tratta di passaggi burocratici… Come per tutte le nostre case, si tratta di momenti che segnano una storia di amore di chi abita i luoghi, di chi li ha sognati proprio perché esprimino, custodiscano e incrementino la storia di bene di chi li abita. Così è anche tra di noi e con il Signore, come continua papa Benedetto: “La chiesa è un edificio in cui Dio e l’uomo vogliono incontrarsi; una casa che ci riunisce, in cui si è attratti verso Dio, ed essere insieme con Dio ci unisce reciprocamente”.

Le tre lettere puntate sono le iniziali di tre parole latine: Deo Optimo Maximo, che possiamo tradurre Al Signore, più che buonissimo. Significa che da 25 anni questo luogo è “dedicato” a lui, non ha altri scopi, non vogliamo che serva ad altro che ad essere segno del suo essere “più che buonissimo” nell’abitare in mezzo a noi e nell’abbracciarci di misericordia quotidianamente, noi che non siamo “più che buonissimi”… E in questo “dedicare” il vescovo Girolamo ha scelto per noi un compagno di viaggio: san Bonaventura.

Come avvenne questa “dedicazione”? Sono quattro i passaggi fondamentali del rito.

Il primo è la GRANDE PREGHIERA DI DEDICAZIONE, che il vescovo fece dopo l’omelia e il canto delle litanie. “O Dio, che reggi e santifichi la tua Chiesa, accogli il nostro canto in questo giorno di festa; oggi con solenne rito il popolo fedele dedica a te per sempre questa casa di preghiera; qui invocherà il tuo nome, si nutrirà della tua parola, vivrà dei tuoi sacramenti. Questo luogo è segno del mistero della Chiesa santificata dal sangue di Cristo, da lui prescelta come sposa, vergine per l’integrità della fede, madre sempre feconda nella potenza dello Spirito. Chiesa santa, vigna eletta del Signore, che ricopre dei suoi tralci il mondo intero e avvinta al legno della croce innalza i suoi virgulti fino al cielo. Chiesa beata, dimora di Dio tra gli uomini, tempio santo costruito con pietre vive sul fondamento degli Apostoli, in Cristo Gesù, fulcro di unità e pietra angolare. Ora, o Padre, avvolgi della tua santità questa chiesa, perché sia sempre per tutti un luogo santo; benedici e santifica questo altare, perché sia mensa sempre preparata per il sacrificio del tuo Figlio. Qui il fonte della grazia lavi le nostre colpe, perché i tuoi figli muoiano al peccato e rinascano alla vita nel tuo Spirito.Qui la santa assemblea riunita intorno all’altare, celebri il memoriale della Pasqua e si nutra al banchetto della parola e del corpo di Cristo. Qui lieta risuoni la liturgia di lode e la voce degli uomini si unisca ai cori degli angeli; qui salga a te la preghiera incessante per la salvezza del mondo. Qui il povero trovi misericordia, l’oppresso ottenga libertà vera e ogni uomo goda della dignità dei tuoi figli, finché tutti giungano alla gioia piena nella santa Gerusalemme del cielo”.

Il secondo passaggio è l’UNZIONE DELL’ALTARE E DELLE PARETI DELLA CHIESA. Il vescovo Antonio disse queste parole: “Santifichi il Signore con la sua potenza questo altare e questo tempio, che mediante il nostro ministero sono unti con il crisma; siano segno visibile del mistero di Cristo e della Chiesa”. Quindi versò l’olio profumato del Crisma sull’altare, spalmandolo su tutta la mensa. Si spostò poi alle pareti della chiesa, per ungere con il Crisma le dodici croci di metallo che le circondano.

Il terzo passaggio è l’INCENSAZIONE DELL’ALTARE E DELLA CHIESA. Dopo il rito dell’unzione, fu collocato sull’altare un braciere acceso. Il vescovo vi pose l’incenso, dicendo: “Salga a te, Signore, l’incenso della nostra preghiera; come il profumo riempie questo tempio, così la tua Chiesa spanda nel mondo la soave fragranza di Cristo”. Poi il vescovo con il turibolo fece il giro dell’altare, incensandolo. Lo stesso gesto fu fatto all’assemblea e alle pareti della chiesa, mentre l’altare veniva ricoperto con la tovaglia e ornato con i fiori e le candele.

L’ultimo passaggio del rito avvenne con l’ACCENSIONE DELLE CANDELE DELL’ALTARE. Il vescovo le accese dicendo ad alta voce: “Risplenda nella Chiesa la luce di Cristo e giunga a tutti i popoli la pienezza della verità”. In quel momento la chiesa s’illuminò a festa e furono accese candele anche davanti ad ognuna delle dodici croci appena unte con il Crisma.

Ogni anno la comunità cristiana vive l’anniversario della dedicazione come una delle sue solennità più grandi, facendo memoria grata di tutto questo e ripetendo il gesto dell’accensione di un cero davanti ad ognuna delle dodici croci.

 

“Perché farne memoria ogni anno? E come mai è una “solennità”, cioè il grado più alto delle feste cristiane, come il Natale, la Pasqua, l’Ascensione, la Pentecoste?”

Potremmo chiamarla “la solennità della Chiesa locale”: attraverso il segno del tempio manifestiamo il nostro essere pietre vive dal giorno del Battesimo, la nostra comunione con la Chiesa diocesana e il nostro vescovo Claudio, la nostra missione di annunciare il Vangelo come grembo che genera altri alla fede, il dono immenso che ci viene fatto ogni volta che ci riuniamo in santa assemblea per celebrare l’Eucaristia!! Scrive il vescovo san Cesario di Arles: “Se dunque, o carissimi, vogliamo celebrare con gioia il giorno natalizio della nostra chiesa, non dobbiamo distruggere con le nostre opere cattive il tempio vivente di Dio. Vuoi trovare una basilica tutta splendente? Non macchiare la tua anima con le sozzure del peccato. Se tu vuoi che la basilica sia piena di luce, ricordati che anche Dio vuole che nella tua anima non vi siano tenebre. Fa’ piuttosto in modo che in essa, come dice il Signore, risplenda la luce delle opere buone, perché sia glorificato colui che sta nei cieli. Come tu entri in questa chiesa, così Dio vuole entrare nella tua anima”. E il papa san Paolo VI: “La chiesa-edificio è immagine, è simbolo della Chiesa-comunità. Anzi la vera Chiesa è la comunità, è il Popolo di Dio. Ascoltiamo san Pietro, che ammonisce i cristiani: “quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale” (1 Pt 2,5). Se una chiesa è il luogo d’una presenza divina, questo “luogo” è l’assemblea dei fedeli, è l’anima d’ogni fedele. “Non sapete che siete tempio di Dio?”, dirà san Paolo” (1 Cor 3,16).

Capite allora come mai domenica 28 ottobre la nostra parrocchia potrà avere liturgia e letture che non saranno quelle della domenica, che non saranno uguali a nessun’altra parrocchia del mondo in quel giorno. E’ come se la liturgia ci dicesse: “Siete unici, ma in un corpo armonioso. Siete speciali, ma in una comunione universale. Proprio perché siete voi, con la vostra storia, la vostra originalità, il vostro cammino, siete parte irrinunciabile della Chiesa. Non solo voi, ma non senza di voi”.