Domenica 29 gennaio
Il rischio, leggendo i versetti del Vangelo di questa domenica (Mt 5,1-12a), è quello di affrontarli con sufficienza, come chi già sa come va a finire, come una sorta di ritornello ascoltato così tante volte che non ne ascolti più il vero significato del testo. Ma siamo davvero così “beati”? La felicità la desideriamo, anzi, la desidero davvero? E se si, come si fa? Papa Francesco l’anno scorso scriveva “Sì, cari giovani, la ricerca della felicità è comune a tutte le persone di tutti i tempi e di tutte le età. Dio ha deposto nel cuore di ogni uomo e di ogni donna un desiderio irreprimibile di felicità, di pienezza. Non avvertite che i vostri cuori sono inquieti e in continua ricerca di un bene che possa saziare la loro sete d’infinito?”. E la ricerca della felicità per me è passata attraverso “beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. In realtà è già da qualche settimana che rimbalza dentro quel salmo che dice “Crea in me o Dio un cuore puro” …e allora cosa significa essere puri di cuore? Se come sostengono gli ebrei il cuore è la sede e il principio della vita psichica profonda, indica l’interiorità dell’uomo, la sua intimità ma anche la sua capacità di pensiero, è la sede della memoria, è il centro delle operazioni, delle scelte e dei progetti dell’uomo, la purezza a cosa si riferisce? Chi la forgia? L’uomo o Dio? È ciò che esce dal cuore dell’uomo che lo fa risplendere o lo imbruttisce. L’uomo è libero di scegliere cosa far uscire da sé, come lasciare che la vita lo trasformi. Ma è solo Dio, che se coinvolto in questa ricerca, in questa grande avventura dell’imparare a riconoscere ciò che abita nel profondo del cuore, che può “creare”. Lo stesso verbo usato all’inizio della Genesi. Dio trasforma, modella, guarisce, rende sempre più bello, splendente, divino il nostro cuore…lo purifica! E da noi può uscire la luce e la gioia! E cambia lo sguardo! Cambia il filtro attraverso cui guardiamo la realtà e impariamo a riconoscere il volto di Dio nel fratello, nelle pieghe delle nostre storie a volte provate, ferite, in salita o semplicemente incapaci di vedere davvero. Cambia come lasciamo entrare ciò che ci colpisce quotidianamente e come decidiamo di restituire tutto ciò al mondo dopo averlo setacciato nel cuore. E allora con felicità questa domenica possiamo chiedere questo dono, di un cuore guarito e meno miope … “perché vedranno Dio!”.
Laura G.